02 settembre 2002

 

TPI: Milosevic, In Kosovo ho agito in difesa della popolazione

I testimoni parlano di famiglie massacrate, case incendiate, attacchi ai convogli di profughi e alla popolazione civile, ma Milosevic continua a sostenere che le milizie serbe stavano difendendo la popolazione

L'Aja, 2 settembre 2002 - Nell'udienza odierna del processo a carico di Slobodan Milosevic hanno deposto tre testimoni sopravvissuti al conflitto in Kosovo.

La famiglia di Behar Haxhiavdija è stata massacrata e la sua casa incendiata, Izet Krasniqi è sopravvissuto agli attacchi alla sua cittadina e al convoglio di profughi che lo ha portato nel campo Kukes, gestito dalla Comunità di Sant'Egidio, e Mehdi Gerguri ha perso il braccio destro a causa di un attacco da parte delle milizie serbe ad un convoglio di profughi.

Dal canto suo, Slobodan Milosevic continua a sostenere che le forze serbe stavano semplicemente svolgendo il proprio lavoro, ovvero stavano proteggendo la popolazione dagli attacchi 'terroristici' dell'Uck e dai bombardamenti NATO.

L'imputato (che si difende da solo) ha infatti affermato che le case sono state distrutte dalle bombe e non sono state incendiate.

L'ex uomo forte di Belgrado ha sostenuto poi che le forze serbe stavano cercando di evitare vittime tra i civili nelle aree in cui si potevano verificare scontri con l'Esercito di Liberazione del Kosovo e che, comunque, non sono state le forze serbe ad uccidere i kosovari, ma le bombe della NATO.

Milosevic non ha spiegato, però, secondo quale criterio sia necessario uccidere donne e bambini, sparare contro i convogli di profughi, distruggere documenti di identità e abitazioni per "difendere la popolazione civile".

Il sostituto procuratore Geoffrey Nice ha oggi specificato che il caso Kosovo dovrebbe concludersi all'inizio della prossima settimana. Dopo circa due settimane di interruzione si inizieranno a discutere poi i casi 'Croazia' e 'Bosnia Erzegovina', i più complessi e difficili da provare per la Procura ONU.

Carla Del Ponte ha affermato che forse chiederà un rinnovo del mandato per concludere il processo Milosevic. Sembrano quindi diradarsi le possibilità che possa essere a capo della Procura della Corte Penale Internazionale.

La deposizione di Behar Haxhiavdija

"Credevamo che se le forze serbe avessero attaccato gli uomini kosovari albanesi, avrebbero lasciato in pace donne e bambini. Abbiamo quindi pianificato un piano per scappare in caso di attacco".

Questo un passaggio della deposizione di Behar Haxhiavdija, un economista di Djakova che ha perso la moglie, le figlie di 8 e 4 anni, il figlio di 5 anni e altri 16 membri della sua famiglia 'allargata' durante l'attacco da parte delle milizie serbe nella notte tra il 1° e il 2 aprile 1999 a Djakova.

Oltre ad aver massacrato la sua famiglia, le milizie serbe hanno anche incediato la sua abitazione e quella di alcuni suoi vicini.

"È possibile che la sua casa sia stata distrutta da una bomba, visto che la NATO ha bombardato Djakova incessantemente a partire dal 24 marzo?", ha chiesto Slobodan Milosevic.

"No, perché una casa dei serbi era a pochissimi metri ed era completamente intatta, nemmeno una minuscola finestra rotta", ha risposto Behar Haxhiavdija specificando che "le prime e uniche bombe NATO sono cadute su una caserma dell'esercito".

Il teste ha inoltre fornito una lista di 20 persone uccise la stessa notte nella sua cittadina e ha spiegato la dinamica del massacro aiutandosi anche con una fotografia aerea della zona fornita dal FBI.

La deposizione di Izet Krasniqi

Izet Krasniqi è sopravvissuto agli attacchi da parte delle milizie serbe alla sua cittadina, Studime e Poshtme nella municipalità di Vushtrri, il 15 aprile 1999. È stato poi costretto ad unirsi ad un convoglio di profughi che è stato attaccato varie volte da militari e da paramilitari.

I rifugiati sono stati più volte picchiati, alcuni sono stati uccisi e le milizie serbe hanno chiesto loro in varie occasioni soldi dietro minaccia di morte. Prima di raggiungere l'Albania le milizie serbe hanno sequestrato tutti i documenti di identità.
Krasniqi è quindi riuscito ad arrivare in Albania, dove è stato assistito nel campo italiano Kukes, gestito dalla Comunità di Sant'Egidio.

Slobodan Milosevic ha cercato di dimostrare che le forze serbe stavano difendendo la popolazione, evacuando i civili da zone di combattimento tra esercito regolare e Uck. Ha inoltre sostenuto che i militari stavano aiutando i profughi a raggiungere l'Albania evitando che venissero bombardati dalla NATO

La deposizione di Mehdi Gerguri

Mehdi Gerguri, di Studime e Poshtme nella municipalità di Vushtrri, è stato costretto ad unirsi ad un convoglio di profughi dalle milizie serbe. Il teste ha raccontato dettagliatamente gli attacchi al convoglio da parte di forze regolari e paramilitari. Durante uno di questi attacchi Gerguri è stato ferito al braccio destro, rischiando un'emorragia. Dopo essere stato operato con mezzi di fortuna e senza anestetico ha perso il braccio destro.

La difesa ha proseguito nella linea scelta dall'inizio, la negazione dell'evidenza. Milosevic continua a sostenere infatti che tutte le violenze documentate da organizzazioni e istituzioni internazionali e confermate in aula dai sopravvissuti siano elementi della 'propaganda' in un 'intrigo internazionale' ordito dalle potenze occidentali contro di lui nel momento in cui gli equilibri geopolitici sono mutati e lui non è stato più utile agli Stati Uniti e all'Europa.

by Valentina Cosimati
pubblicato su RadioRadicale.it
L'Aja, 2 settembre 2002

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