28 febbraio 2002

 

Barani mette in difficoltà Milosevic

Nella dodicesima udienza della Norimberga dei Balcani Milosevic ha perso la calma a confronto con un testimone che ha raccontato con dovizia di particolari e con documenti gli orrori perpetrati nella ex Jugoslavia.
Ultimo aggiornamento: 28 febbraio 2002 h18.45 (CET)

Le deportazioni di massa e la pulizia etnica

Dopo le deposizioni delle vittime dirette delle violenze delle milizie serbe in Kosovo, oggi Slobodan Milosevic è stato messo in seria difficoltà durante il controinterrogatorio a Helit Barani, membro della direzione della Lega democratica del Kosovo e del Consiglio per la difesa dei diritti umani e delle libertà.


Barani, infatti, ha raccolto le testimonianze di migliaia di kosovari di etnia albanese costretti a fuggire verso l'Albania dopo che le loro case erano state bruciate ed era stato in molti casi impedito loro di lavorare.

Milosevic perde la calma

Nel corso del contro-interrogatorio il testimone ha delineato un quadro estremamente dettagliato e della situazione in Kosovo durante il regime serbo, raccontando gli orrori che sono stati commessi nel suo Paese, e di centinaia di omicidi perpetrati da forze militari, paramilitari, di polizia e dai servizi segreti.
Barani ha chiarito che migliaia di kosovari di etnia albanese sono stati deportati.

"Chi ha detto loro di andare verso l'Albania?, lei non ha risposto a questa domanda dell'accusa", ha chiesto Milosevic privo - per la prima volta dall'inizio del processo - della calma che lo ha contraddistinto finora.

"Le forze di polizia, i militari e le forze paramilitari, dopo aver bruciato le loro case ha imposto loro di andare via verso l'Albania" ha risposto secco Barani.

"E dico questo in base alle testimonianze di migliaia e migliaia di albanesi di Mitrovica e di tutto il Kosovo", ha risposto il teste, che ha fornito alla Corte vari documenti raccolti negli anni.

Milosevic ha cercato di dimostrare che Barani era un dirigente dell'Uck, l'Esercito di Liberazione del Kosovo, ma la Corte ha esplicitamente chiesto al teste se andasse in giro armato. "La mia unica arma era la videocamera, la macchina fotografica e la penna", ha risposto il testimone.

Barani: Scioperi non boicottaggi

Nel pomeriggio, il testimone è tornato sulla questione della dichiarazione di accettazione delle leggi emanate dal governo serbo che gli albanesi dovevano firmare per continuare a svolgere il loro lavoro. Barani ha ricordato due scioperi che gli albanesi hanno proclamato contro questa imposizione del governo serbo.

Milosevic ha quindi chiesto delucidazioni in merito ad un "boicottaggio" messo in atto dagli albanesi, ma il teste ha spiegato che non si trattava di "boicottaggio, bensì di scioperi".

Slobo in difficoltà

Milosevic ha tentato invano di far cadere il testimone in contraddizione e di dimostrare che le sue dichiarazioni sono false e tendenziose, in particolare per quanto riguarda la resistenza opposta al regime serbo dall'Esercito di Liberazione del Kosovo.

Iniziando il controinterrogatorio, l'ex dittatore ha chiesto a Barani alcune informazioni sulla sua famiglia e in particolare se fosse a conoscenza che un suo cugino era coinvolto in un traffico di droga in Germania.
"So che mio cugino è all'estero ma non so di cosa si occupi" è stata la risposta di Barani.

Cercando di mettere in difficoltà il testimone, Milosevic si è però trovato in una situazione imbarazzante, che ha messo in luce una certa imprecisione nella linea difensiva. "Lei non sa nulla - ha chiesto Milosevic - dell'omicidio del direttore del teatro, che era albanese, avvenuto il 20 marzo, quindi prima dell'aggressione?"
"No, non ne so nulla", ha risposto Barani.
"Ah, lei non ne sa nulla?", ha continuato a chiedere Milosevic.
"No - ha risposto Barani - non mi risulta che il direttore del teatro sia stato ucciso: sono io".

Milizie paramilitari

L'ex uomo forte dei Balcani ha mostrato notevoli segni di nervosismo soprattutto in merito alla presenza di milizie paramilitari del regime serbo che avrebbero commesso diversi crimini in Kosovo.

Milosevic ha chiesto quale valore avesse un documento presentato dal testimone, una lista di nomi di militari in congedo o di paramilitari (la questione verrà chiarita dalla Corte in seguito), trovata nei pressi di un villaggio in cui sono state date alle fiamme molte case di kosovari di etnia albanese.

"Non c'erano - ha affermato Milosevic - milizie paramilitari, ma solo esercito regolare e forze di polizia. C'erano delle leggi che prevedevano la prigione per coloro che appartenevano ad eventuali formazioni paramilitari".
Barani ha però chiarito che vi erano tre differenti uniformi per "polizia, esercito e formazioni paramilitari" e ha aggiunto: "Per quanto ne so gli omicidi politici venivano commessi dai servizi segreti serbi"

by Valentina Cosimati
pubblicato su RadioRadicale.it
Roma, 28 febbraio 2002

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