03 luglio 2002

 

Kosovo, proseguono le testimonianze dirette. L'ICTY assicura collaborazione all'ICC

Proseguono le deposizioni dei testimoni diretti delle violenze in Kosovo e in particolare nelle municipalità di Djakova e Skenderaj. Si è svolta inoltre la consueta conferenza stampa del mercoledì in cui Jim Landale ha assicurato che il TPIY sta collaborando con l'ICC

L'Aja, 3 luglio 2002 - Nell'udienza odierna sono state ascoltate le deposizioni dei testimoni diretti Mustafa Braga, Hani Hoxha e Ali Gjogaj. I testimoni dell'accusa hanno raccontato come sono sopravvissuti ai massacri di Djakova e Leqina e Gjogaj ha parlato di fosse comuni adiacenti ad un poligono di tiro.
Nella conferenza stampa del mercoledì sono state affrontate, oltre alle questioni relative ai processi in corso, anche i temi di più stretta attualità riguardanti l'entrata in vigore dello Statuto di Roma e l'opposizione degli USA. Per quanto riguarda la S-For, la missione di stabilizzazione in Bosnia Erzegovina, la portavoce dell'OTP ha chiarito di non poter rilasciare commenti almeno fino a domani.

Le deposizioni dei testimoni diretti hanno tra l'altro chiarito che le forze di polizia non erano un'iniziativa locale, ma erano formate da serbi che parlavano albanese, che vi sono state molte denunce da parte della popolazione albanese alle autorità serbe in seguito ai massacri ma le indagini sono sempre state sommarie e i responsabili dei massacri non sono mai stati perseguiti.

La testimonianza di Mustafa Draga

Mustafa Draga ha raccontato quanto accaduto ad Izbica durante tra il 26 e il 28 marzo 1999, quindi nei giorni immediatamente successivi all'inizio dei bombardamenti NATO.
"Il 28 marzo era domenica ed era inoltre la festività musulmana Bajram, verso le 10 del mattino - ha raccontato il teste - abbiamo visto le milizie serbe che avanzavano a piedi, erano circa 300. Noi eravamo tutti raccolti in un campo, eravamo tutti civili e vedevamo i villaggi vicini che venivano dati alle fiamme".

Il teste è riuscito a sopravvivere al massacro ma "nei giorni sucessivi sono stati seppelliti circa 140 civili"
Draga ha raccontato inoltre che i militrari e gli agenti di poizia chiedevano marchi tedeschi in cambio della vita, della casa, dei mezzi di trasporto. "Ci dicevano: Dateci 1000 DM o incendieremo le vostre case. Per non bruciare un trattore hanno chiesto 50 DM. Ho anche visto alcuni poliziotti puntare le armi contro i bambini e minacciare di ucciderli se i genitori non avessero trovato i soldi".

La testimonianza di Hani Hoxha

Il 1° e il 2 aprile 1999 le milizie serbe e yugoslave hanno fatto irruzione nella cittadina di Djakova, hanno sparato con i carri armati contro obiettivi civili, hanno bruciato le case dei kosovari di etnia albanese, hanno costretto i civili a fuggire e hanno massacrato, tra le altre, la famiglia di Hani Hoxha, che è miracolosamente sopravvissuto.
Il teste dell'accusa ha chiarito che "mentre i bombardamenti NATO colpivano le caserme che venivano preventivamente evacuate, le milizie serbe bruciavano le case una per una", dicendo ai civili di "chiedere aiuto alla Nato, a Clinton e a Thaci".

"Quando i militari sono entrati nella nostra casa, hanno avuto bisogno di buttare giù il cancello con un camion perché era resistente, abbiamo pensato che non avrebbero fatto del male alle donne, agli anziani e ai bambini. Per questo - ha ricordato il teste - abbiamo deciso che la cosa migliore era affrontare la vergogna di lasciare la nostra famiglia da sola e scappare, pensavamo che se non avessero trovato gli uomini non avrebbero fatto del male ai bambini, alle donne e agli anziani".
Gli uomini sono quindi scappati nelle colline e nei boschi circostanti, dove sono stati catturati e uccisi. Hoxha è sopravvissuto e quando è tornato nel villaggio "ho trovato - ha proseguito il teste - le case bruciate e distrutte, i miei vicini uccisi. Non riuscivo a trovare la mia famiglia. Li ho cercati nelle case dei vicini fino a che non ho trovato tra le macerie un pezzo di carne umana. Non ho voluto sapere, volevo ricordarli come l'ultima volta che li avevo visti".
Il teste ha quindi fornito una lista di 20 nomi di persone uccise, uomini, donne, bambini tra i 2 e i 70 anni di età.

Ali Gjogaj, fosse comuni vicino al poligono di tiro

Ali Gjogaj dovrà essere riascoltato domani in quanto Milosevic ha evidenziato delle contraddizioni sulle date nelle deposizioni fornite dal testimone all'OTP.
Il teste, addetto alle pulizie, ha dovuto aiutare le milizie serbe a 'svuotare' delle fosse comuni adiacenti ad un edificio utilizzato per le esercitazioni militari e come poligono di tiro. Il testimone ha chiarito di non sapere da dove provenissero quei cadaveri, in che modo fossero stati uccisi e chi fossero, ma ha anche precisato che "erano in abiti civili, anche se non potevo riconoscerli perché erano in stato di decomposizione"

La conferenza stampa

Durante la consueta conferenza stampa del mercoledì, il portavoce dell'ICTY, Jim Landale, ha confermato che la data della presentazione del Pre-Trial Brief della Procura sui casi 'Bosnia Erzegovina' e 'Croazia' verrà posticipata al prossimo 18 luglio.
Florence Hartmann, portavoce dell'OTP, ha preferito non commentare la posizione degli USA sulla S-For in Bosnia Erzegovina, almeno fino a domani, visto che il termine ultimo per la decisione è la mezzanotte di oggi.

Jim Landale ci ha anche confermato che "vi sarà e vi è stata una collaborazione ad ampio raggio con la Commissione Preparatoria dell'ICC", che si sta svolgendo in questi giorni a New York. Il Tribunale Penale Internazionale per la ex Yugoslavia, è direttamente dipendente dalle Nazioni Unite, mentre la Corte Penale Internazionale è un organismo indipendente e in questi giorni l'opposizione definita in varie occasioni "paradossale" da parte degli Stati Uniti a questa istituzione aveva messo in evidenza le differenze tra i due tribunali. Mentre gli Stati Uniti considerano evidentemente questo tribunale come una seconda Norimberga, non vogliono sponsorizzare però lo sviluppo di un'istituzione democratica permanente, con poteri peraltro limitati dal diritto di complementarietà.

La collaborazione tra le due istituzioni sembrava quindi compromessa, con evidenti problemi per la giustizia internazionale e rallentamenti per esempio nella compilazione degli articoli di legge più delicati o che è stato necessario cambiare e modificare durante gli anni al TPIY. Il portavoce del Tribunale Penale Internazionale per la ex Yugoslavia ha però assicurato che il Tribunale Onu offrirà la massima collaborazione, in particolare a livello tecnico, alla Corte Penale Internazionale e alla Commissione Preparatoria incaricata di decidere le questioni più urgenti, al momento quelle di ordine pratico, quali in particolare la compilazione del corpus delle leggi.

by Valentina Cosimati
pubblicato su RadioRadicale.it
L'Aja, 3 luglio 2002

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