09 maggio 2002

 

Un ex ufficiale jugoslavo racconta le atrocità sui kosovari

Oggi in aula un ex ufficiale dell'esercito yugoslavo racconta le atrocità commesse dalle forze speciali antiterrorismo in Kosovo sotto il comando diretto della polizia segreta di Belgrado

L'Aja, 9 maggio 2002

Nik Peraj, un ex ufficiale kosovaro di etnia albanese di religione cattolica dell'Esercito yugoslavo condannato in absentia a 15 anni di detenzione per diserzione (il massimo della pena per la legge marziale yugoslava) ha deciso di testimoniare senza protezione al Tribunale Penale Internazionale per la ex-Yugoslavia. E' proseguito inoltre il controinterrogatorio di Abdullah Salihu.

Le atrocità commesse dalle unità speciali antiterrorismo

Peraj ha fornito un quadro molto dettagliato dell'attività delle unità speciali antiterrorismo 'Frenkijevci', 'Arkan', 'Selelj' che possono essere considerate, secondo quanto emerge dalla testimonianza delle forze semi-paramilitari. Queste unità speciali avevano libertà d'azione sul territorio e "svolgevano il proprio compito nel più terroristico dei modi", ha affermato Peraj. In particolare l'unità 'Frenkijevci' era sotto il diretto controllo di un alto ufficiale (Frenkijevci, appunto) della polizia segreta yugoslava. Questa unità è molto nota in Kosovo per aver compiuto "stupri di massa - ha affermato il teste - e torture di ogni genere"

Milosevic: "Questa non è la sua assicurazione sulla vita"

Milosevic ha tentato di screditare la deposizione dell'ufficiale cercando di dimostrare che la testimonianza è inquinata dalle minacce ricevute da Peraj da parte dell'Uck.

"Questa - ha affermato l'imputato rivolgendosi direttamente al testimone - non è la sua assicurazione sulla vita"

Peraj: "Non avevo bisogno di scappare"

L'ex ufficiale dell'esercito yugoslavo ha però chiarito che aveva "piena libertà di movimento all'interno del Kosovo" e che poteva "in qualunque momento attraversare il confine", ma ha "preferito rimanere sempre" nel suo "luogo di nascita, in Kosovo". Presumibilmente se si fosse sentito minacciato, sarebbe fuggito dal Kosovo.

Peraj: Gli ordini venivano da Belgrado

Il teste ha quindi fornito un quadro dettagliato dei movimenti delle milizie serbe e ha spiegato che le azioni violente nei confronti della popolazione civile erano state pianificate dagli alti comandi dell'esercito yugoslavo. "Molte persone" infatti "sono state imprigionate perché non erano d'accordo" con la politica dell'esercito yugoslavo in Kosovo e "non volevano far parte di quell'esercito".

Peraj ha inoltre chiarito che tutte le forze di polizia erano sotto il diretto comando dell'esercito, ma che comunque "l'esercito regolare non poteva di fatto intervenire contro i gruppi di banditi" delle forze speciali

Il massacro di Djakova

La testimonianza di Peraj ha inoltre fatto luce sul massacro di Djakova, una delle pagine più nere del conflitto.

A Djakova "l'esercito yugoslavo ha circondato la città", molte persone sono state massacrate nelle strade e davanti alle proprie abitazioni.
"Sono stati poi catturati tutti gli uomini della città", ha ricordato il teste. 600 persone risultano ancora disperse. Molti uomini sono stati portati in prigione e più di 100 di loro sono stati liberati solo lo scorso anno, degli altri non si sa ancora nulla.

Il controinterrogatorio di Abdullah Salihu

Salihu ha raccontato degli orrori nel suo villaggio e alla domanda ormai di rito se le persone uccise fossero o meno stati membri dell'Esercito di Liberazione del Kosovo, il teste ha risposto: "Non vi erano membri dell'Uck. Bambini di 5 anni, anziani di 80-90 anni, come potevano essere membri dell'Uck?".
"38 persone sono state uccise nel mio villaggio", ha aggiunto Salihu

Nik Peraj proseguirà la sua deposizione lunedì mattina

by Valentina Cosimati
pubblicato da RadioRadicale.it
L'Aja, 9 maggio 2002

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