25 aprile 2002

 

Kosovo, Si consegna l'ex capo dell'esercito yugoslavo

Oggi all'Aja si è consegnato l'ex capo dell'esercito yugoslavo, acusato di aver pianificato la pulizia etnica in Kosovo.
La Corte presieduta dal giudice Richard May ha stabilito che Slobodan Milosevic ha tutte le condizioni per portare avanti la sua difesa e che sono stati compiuti tutti gli sforzi possibili per far sì che non sia compromesso il diritto alla difesa dell'imputato.


Per quanto riguarda le deposizioni, l'avvocato ed ex giudice Mahmut Malimi ha raccontato come in Kosovo gli albanesi compravano la propria libertà alla giustizia.
Edison Zatriqi ha invece parlato della 'Crna Ruka', un'organizzazione formata per la maggioranza da poliziotti che di notte rapiva e uccideva albanesi, ben tollerata dal regime serbo.
Il primo testimone della giornalta, Ndrec Konaj, ha invece raccontato che le milizie serbe hanno sequestrtato i suoi autobus per deportare i kosovari di etnia albanese.
Durante l'udienza, inoltre, il giudice May ha interrotto bruscamente la difesa: "Signor Milosevic - ha affermato - basta con i comizi, qui ci stiamo occupando di assassinii e di deportazioni"

Ojdanic all'Aja

Dragoljub Ojdanic, ex capo dell'esercito e della polizia serba durante il regime Milosevic si è oggi consegnato al Tribunale Onu dell'Aja.

Ojdanic è accusato di aver ideato e attuato il piano per la pulizia etnica in Kosovo ed è il primo di 23 imputati per gli stessi crimini a consegnarsi alle autorità Onu.
L'imputato è giunto ad Amsterdam questa mattina insieme a sua moglie e al suo avvocato.

Ndrec Konaj, le milizie ci hanno detto di lasciare la grande Serbia

Il testimone dell'accusa Ndrec Konaj della municipalità di Pec ha raccontrato che le milizie serbe hanno sequestrato i suoi autobus e quelli di alcuni suoi colleghi per la deportazione dei kosovari di etnia albanese.
Il teste si trovava a casa da solo quando la polizia serba è entrata nella sua abitazione con armi automatiche, fucili, bombe, intimandogli di lasciare la sua casa e di dirigersi verso il Montenegro. Il suo autobus è stato poi fermato dalla polizia serba che ha impedito ai profughi di tornare indietro costringendo il convoglio a dirigersi verso l'Albania. "Dovete andare via dal Kosovo e lasciare la grande Serbia, così mi hanno detto i poliziotti" ha affermato il teste.

La Crna Ruka

Edison Zatriqi ha parlato della Crna Ruka, un'organizzazione composta soprattutto da agenti di polizia, che ha ricoperto un ruolo molto importante nella storia della ex-Yugoslavia e che era ben 'tollerata' dal regime di Slobodan Milosevic.
"Prima del 1998 la situazione era molto difficile" - ha affermato il teste, ricordando sparizioni misteriose e assassini di kosovari di etnia albanese.
"Era un segreto di Pulcinella" - ha chiarito Edison Zatriqi - che le sparizioni erano collegate all'attività di una "organizzazione piuttosto nota, chiamata 'Crna Ruka', che rapiva gli albanesi che poi venivano trovati uccisi".
"La Crna Ruka - ha spiegato - era formata da membri della polizia che durante il giorno svolgevano il loro lavoro regolare e durante la notte commettevano i più efferati omicidi nei confronti di albanesi"

Mahmut Malimi, gli albanesi compravano la libertà nelle corti di giustizia

L'avvocato Mahmut Malimi della municipalità di Mitrovica ha vissuto per settimane nascosto nella montagne per paura delle violenze dell'esercito serb. Il teste dell'accusa ha raccontato che era 'normale amministrazione' che degli albanesi venissero accusati di possesso illegale di armi in modo arbitrario. Le famiglie degli arrestati dovevano procurarsi immediatamente una considerevole somma di denaro per far sì che il loro congiunto non fosse sottoposto a sevizie all'interno del carcere e venisse quindi rilasciato dopo pochi mesi.

La polizia serba, secondo quanto testimoniato dall'avvocato Mahmut Malimi, arrestava albanesi "solo in base alla propria etnia" e li accusava di detenzione illegale di armi. Le famiglie degli imputati dovevano quindi "trovare i soldi per pagare" i giudici affinché la loro pena venisse almeno ridotta.

Milolsevic ha replicato a questa accusa asserendo che proprio per evitare casi del genere venivano effettuati dei controlli periodici e molto accurati nei conti in banca dei giudici.
"Non mi risulta - ha risposto il teste - un solo caso in Kosovo in cui vi sia stata una verifica nei conti dei giudici".

Mahmut Malimi ha inoltre raccontato la sua esperienza di profugo. "Sono l'unico sopravvissuto del gruppo in cui mi trovavo", ha affermato aggiungendo che "molti intellettuali non sono mai tornati"

by Valentina Cosimati
pubblicato su RadioRadicale.it
L'Aja 25 aprile 2002

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